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Emergenza archeologia: intervista a Maja Gori

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Giulio Galluzzi
view post Posted on 25/4/2008, 11:15




In passato ci eravamo occupati della questione assai precaria dei laureati in archeologia e del lavoro dell'archeologo in Italia. Più propriamente avevamo tentato di capire quali fossero i limiti della professione e il perché in un contesto "miracoloso" come quello italiano l'archeologia faccia così tanta fatica a diventare professione, al di fuori del mero diletto o della ricerca universitaria. A seguito di quegli articoli abbiamo ricevuto delle segnalazioni di numerosi archeologi che, spesso in forma anonima, ci hanno raccontato la propria esperienza. Si tratta, nella quasi totalità dei casi, di lavori svolti sul territorio romano, dove l'archeologia è spesso nelle mani di società grandi che a loro volta subappaltano i lavori a società più piccole. Questo fa sì che le società minori, spesso contrapposte in una lotta al ribasso per l'acquisizione di appalti, affidino l'esecuzione dei lavori ad archeologi sottopagati e qualche volta neanche laureati. Sono giovani professionisti che seguono orari di lavoro massacranti con compensi minimi e procrastinati a mesi di distanza dall'esecuzione dei lavori. È questo un campo dove sono particolarmente in voga forme contrattuali a progetto che dell'idea originale conservano esclusivamente il nome. All'archeologo, infatti, viene spesso fatto firmare un contratto riduttivo nel quale non viene indicato né dopo quanto tempo riceverà la retribuzione né, tantomeno, se verranno pagati eventuali giorni d'assenza per malattia o cause esterne non imputabili all'archeologo. In pratica, mentre il lavoro è di tipo canonico (giornaliero e diretto), la retribuzione e il contratto sono a progetto: un caso che comunque rispecchia perfettamente la situazione lavorativa nazionale. La prima intervista che pubblichiamo è quella di Maja Gori, laureata in archeologia e tra i fondatori della Cia (Confederazione italiana archeologi). Maja, tra le varie testimonianze raccolte, è l'unica che ha avuto il coraggio di rivelare la sua identità perché "è giusto che si faccia qualcosa". Attualmente Maja vive e lavora in Germania, dove da alcuni anni è riuscita a trovare uno sbocco lavorativo affine ai suoi studi e dove la sua professionalità non è messa in discussione da una legislatura carente e una mentalità meschina.

R@: Hai lavorato nel settore archeologico? Con quale continuità?
MG: Ho avuto diverse esperienze, ho cambiato parecchie cooperative, ho fatto spesso avanti indietro Italia/estero, quindi non avevo una continuità con la stessa cooperativa.

R@: Ti è capitato di lavorare prima della laurea?
MG: Sì, tantissime volte e mi pagavano anche meglio.

R@: Addirittura? Di solito, mi pare di aver capito, è il contrario.
MG: La prima cooperativa per cui ho lavorato era l'ASTRA, due volte. Il primo lavoro l'ho fatto senza contratto: mi hanno detto che mi avrebbero fatto un contratto quando sarei arrivata al lavoro ma in realtà non me lo hanno mai fatto. Era il primo lavoro della mia vita in campo archeologico.

R@: Ma loro sapevano che non eri laureata?
MG: Certo che lo sapevano, perfettamente. Poi dopo, sempre con loro, ho lavorato alla documentazione post-scavo, e mi hanno offerto un altro lavoro come disegnatore, facendomi stavolta un contratto. Anche in questo caso non ero ancora laureata e sul cantiere il responsabile mi ha chiesto se fossi laureata ma loro ci avevano detto di dire di esserlo. In realtà nessuno di noi era laureato, tranne forse una ragazza. Tutto ciò avveniva nel gennaio 2002. Dopodichè ho lavorato con un'altra cooperativa che si chiamava ACHET però non sono stata assunta direttamente da loro. Non so se esiste ancora: è una parte dell'ASTRA staccatasi per prendere questo lavoro nel quale ho lavorato anch'io, si trattava di un lavoro di un anno. Era in Puglia e sono stata assunta come operaio specializzato e infatti avevo tutti i diritti: ferie pagate, assicurazione, ecc. In questo caso non ero quindi assunta direttamente dall'ACHET ma dalla ditta che svolgeva i lavori ed infatti avevo un contratto a termine di un anno, lo stesso che avevano gli altri operai anche se in realtà io facevo l'archeologa e la disegnatrice. Nel 2003 mi sono laureata e non ho lavorato. Poi ho lavorato con un'altra cooperativa ma senza contratto ma preferirei non parlartene perché è stato un periodo un po' particolare e si trattava di un mio amico.

R@: Quanto guadagnavi prima di essere laureata?
MG: Con lo stipendio in lire circa 1 milione e mezzo al mese che era uno stipendio abbastanza buono. Quando mi hanno pagata meglio era perché ero stata assunta come operaio. Altrimenti come archeologa prendevo circa 1 milione e 200. Per me era parecchio, anche se facevo un lavoro che doveva essere pagato molto di più. Ero ancora studente e mi facevano comodo anche se in maniera illegale… L'esperienza che più mi ha colpito è stata quella con l'ASTRA.

R@: Ma esiste ancora l'ASTRA che tu sappia?
MG: Sì, esiste ancora anche se sono cambiate le persone. Trattavano soprattutto scavi di emergenza nei quali si aveva a che fare con ditte esterne. Loro ci raccomandavano sempre di dire di essere laureati anche perché, ovviamente, questo garantiva la qualità del lavoro. Poi ho lavorato con la GEA, con la quale ho lavorato comunque per un numero di ore che non rientrava nei minimi per aprire una partita iva, e lavoravo con i contratti di collaborazione a tre mesi. Con loro guadagnavo più o meno 70 euro al giorno ovviamente senza ferie. Loro sono molto onesti perché pagano appena finisce il lavoro, sono molto chiari puntuali e precisi: sono la cooperativa migliore con la quale abbia lavorato in vita mia. A livello di trasparenza sicuramente i migliori. Anche in questo caso di trattava di lavori di emergenza: alloggiamento tubature, ecc.

R@: Ma quindi qual è l'esperienza peggiore?
MG: Sicuramente con l'ASTRA, perché mi hanno pagato un lavoro sì e uno no. Non ho mai avuto i soldi di quel lavoro. Io sono partita per la Valle d'Aosta (dove era lo scavo, ndr) in una situazione d'emergenza, conoscevo bene le persone, compreso il direttore dello scavo che mi diceva che al ritorno mi avrebbero fatto il contratto. Poi quando sono tornata mi hanno fatto il contratto per un altro lavoro ma quello precedente non me lo hanno mai fatto né mai pagato.

R@: E come si è risolta alla fine?
MG: Si è risolto che non sono stata pagata per quel lavoro, tornata da Aosta ho cominciato subito a lavorare sul secondo cantiere e loro mi dicevano che magari avrebbero pagato tutto alla fine o che avrebbero trovato una soluzione. però al termine del lavoro ho consegnato la documentazione e mi hanno pagato solo l'altro lavoro. Quanto al primo lavoro la storia è andata avanti parecchio e c'erano sempre tante scuse. Io ho insistito parecchio ma, allora, avevo subito trovato un altro lavoro in Puglia e per via telefonica non riuscivo a risolvere molto. Questa storia è andata avanti per due anni e mezzo e alla fine mi sono rotta le scatole e ho lasciato perdere.

R@: Come si giustificavano?
MG: Dicevano che c'era sempre qualche problema e si riferivano sempre ad un certo Francesco che doveva essere il responsabile del lavoro che non mi era stato pagato e che non c'era mai ed era la persona sulla quale venivano addossate tutte le colpe. Alla fine ho addirittura incontrato questo Francesco che mi ha detto sarebbe andato immediatamente a casa a prendere la documentazione per il pagamento e mi avrebbe richiamato. Io mi sono fidata perché era un amico di un mio amico e quindi pensavo magari si fosse solo dimenticato. Ma in realtà il tempo passava senza che cambiasse niente.

R@: Chi è e che ruolo ricopriva questa persona?
MG: Si chiama Francesco Galluccio ed è uno dei capi fondatori dell'ASTRA.

R@: Quanti soldi dovevano darti?
MG: Un mese abbondante di lavoro più la documentazione che dovrebbe essere pagata a parte, quindi intorno al milione e trecento mila lire.

R@: Cosa succedeva, in questi e negli altri casi, quando lavoravi per cause non imputabili a te mezza giornata?
MG: Con la GEA se lavori fuori Roma mezza giornata ed il cantiere chiude per cause esterne ti pagano tutta la giornata ma se lavori dentro Roma in questi casi ti pagavano mezza giornata.

R@: E in caso di pioggia?
MG: Dipende dal cantiere ma di solito non vieni pagato, a parte la GEA che sono onesti e ti pagano, le restanti cooperative non ti pagano.

R@: E quanto all'assicurazione?
MG: Ero assicurata a loro spese ma io, per maggiore sicurezza, ho fatto comunque una mia assicurazione.

R@: Conosci altre persone con esperienze analoghe alle tue?
MG: Sì, il problema del pagamento a vari mesi è una malattia del lavoro archeologico. Nel caso in cui anche ti facciano un contratto non ti segnalano dopo quanto tempo ti pagheranno. Molto spesso le cooperative non hanno un capitale sufficiente per pagare gli stipendi e pagano quando gli arrivano i soldi dal committente, dalla soprintendenza per esempio, quindi pagano te quando loro incassano. Alcune cooperative più oneste prendono lavori che possono portare avanti (non giocano cioè al ribasso) ti pagano contestualmente alla consegna del lavoro. Altre cooperative ti pagano a sei-otto mesi ed è molto più comune. Spesso la gente ha pudore nel dire che lavora al nero ma la maggior parte delle volte è così e ci sono più problemi che altro.

R@: Ho visto che fai parte della CIA (Confederazione italiana archeologi) che raccoglie molti laureati in archeologia. Come si pone l'associazione davanti a queste situazioni?
MG: Sono uno dei soci fondatori. Il nostro scopo è quello di difendere la figura dell'archeologo e garantire uno standard lavorativo uguale a quello degli altri professionisti, quindi creare uno standard di qualità con una serie di regole in cui ci si senta sicuri e si sappia quanto si viene pagati e per che tipo di lavoro. Una tutela a 360 gradi su tutte le sfaccettature delle varie professionalità dell'archeologo.

R@: Davanti a queste società che si comportano in questi modi non è mai scattata una denuncia?
MG: È molto complesso. Il problema è che fare una denuncia in una situazione lavorativa così precaria potrebbe significare anche non lavorare più, questo succede.

R@: Magari però essendo una associazione si potrebbe avviare una denuncia collettiva.
MG: Abbiamo pensato un sacco di volte a farlo ma il lavoro in archeologia è quasi di nicchia, ci si conosce tutti e spesso quando tu intraprendi una azione legale è difficilissimo convincere le persone anche se hanno subito un'ingiustizia dal punto di vista lavorativo. È difficile riuscire a concretizzare. Ci stiamo lavorando da anni con risorse assai limitate, il nostro è una specie di volontariato e ci occupiamo della CIA nei ritagli di tempo. Però già creare una coscienza e stabilire quali siano i diritti per esempio della sicurezza sui cantieri significa fare un grande passo avanti. Col tempo riusciremo anche a muoverci dal punto di vista legale.

R@: Nell'ambiente degli archeologi si sa quali sono le cooperative peggiori?
MG: Sì, c'è una specie di lista nera di cooperative da evitare. La ASTRA, per esempio, l'80% delle persone che ci hanno lavorato la descrivono come una cooperativa con carenze. Poi comunque io lavoro ormai in Germania da tempo e ho perso un po' contatto con la realtà italiana.
 
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Tommaso Magliaro
view post Posted on 25/4/2008, 11:20




l'avevo già postato in lavoro e sicurezza
 
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Giulio Galluzzi
view post Posted on 25/4/2008, 11:29




ok però lasciamola in vista per un po
 
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Francesco Galluccio
view post Posted on 11/2/2016, 13:50




Sono Francesco Galluccio. Dopo anni, evidentemente col progresso dei motori di ricerca, emerge questa storia dove sono tirato in causa. Allora dico la mia. All'epoca dei fatti la cooperativa Astra era una delle cooperative più presenti e conosciute, e si era munita di una struttura necessaria per essere una cooperativa come qualunque altra, con le varie responsabilità legali e organizzative ben definite imposte dalla legge. E io ero il responsabile scientifico. Per le questioni legate a contratti e personale c'erano il responsabile legale, che è l'unco con potere di firma e il responsabile del personale. Ebbene queste figure avevano la gestione esclusiva del loro settore di competenza, come è giusto e legale che sia, e volevano trattare loro senza interposta persona, visto che ne rispondevano legalmente. Ora io, per qualunque persona non ho mai potuto e nè voluto prendermi responsabilità che non mi competessero e ho sempre indirizzato per i problemi i collaboratori verso il giusto responsabile, con potere decisionale. Per i contratti e per i compensi. E invece chi mi tira in causa ha sempre evitato di seguire questa via, anche su mia insistente indicazione. Quindi questa visione di ditte di archeologi che non funzionano deriva pure da questo modo fare, di continuare a parlare della persona sbagliata: secondo questa cosidetta 'intervista' io ero un sedicente capo fondatore mentre nell'82 anno di fondazione stavo al terzo anno delle superiori. Si parla di una specie di lobby di archeologi che intimorisce gli archeologi.... ridicolo e fuori dalla realtà come tutta questa specie di intervista.
 
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3 replies since 25/4/2008, 11:15   399 views
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